Favole Scientifiche

Viktor Michajlovič Vasnecov - La principessa addormentata1833

UNA STRANA VECCHIETTA

Non è vero che il tempo avanzi per ognuno allo stesso ritmo. Io ho conosciuto una vecchina, venuta da un altro mondo, che procedeva così svelta nel nostro tempo che qualche volta usciva di casa la mattina ed era di ritorno la sera del giorno prima.
___Nella sua casa aveva un orologio. Il pendolo oscillava così svelto che non lo si vedeva, e la lancetta dei minuti rincorreva quella delle ore, lasciandole ogni volta un giro di vantaggio, ma non riusciva mai a raggiungerla sui traguardi del quadrante.
___Una volta le andai a fare visita.
___Non aveva un secondo di pace: si sedeva, si rialzava, usciva, entrava, oppure si metteva a sferrucchiare svelta svelta e il gomitolo si trasformava in pochi istanti in un golfino. Ma era come un golfino tirato fuori dal tempo e quando lo posava nel cesto del nostro mondo si dipanava immediatamente in gomitolo. Quando mi vide si fermò un istante e mi chiese, con la vocina acuta di un disco che corra troppo svelto:
___— Perché andate sempre così di fretta? Lavita è breve, non va sprecata.
___— Come, nonnina? — le dissi. — Ma sei tu che vai avanti a rompicollo!
___— Io? — stridette sorpresa. — Io vado pianino pianino, da povera vecchina. E’ il vostro mondo che va a precipizio, tanto che se non mi affretto i vostri giorni mi sorpassano. Non faccio a tempo a mettermi a letto che è già l’ora di levarsi.
___— Guarda, nonnina, che sei tu che dormi infretta, ti metti a letto, dormi due secondi e subito ti rialzi.
___— Quanti anni hai? — mi chiese la vecchina.
___— Cinquanta.
___— Ma se ti ho visto nascere la settimana scorsa! — mi fece lei.
___Mi girai per vedere se nella sua casa avesse un calendario. Quando mi voltai la vecchina era sparita. Superando la velocità della luce ella era uscita attraverso la porta del nulla.

LA SIRENETTA

Era il tramonto e il mare era raggiante dell’ultimo sole, quando una sirenetta osò emergere dalle acque, presso uno scoglio. A fatica vi sali sopra poggiandovi il fianco squamoso, mentre sul suo fresco tronco di giovinetta colava, dai biondi capelli, l’acqua salsa del mare. Si guardò intorno abbagliata dalla luce: era la prima volta che usciva all’aria. Le si avvicinò incuriosito un pescatorello. Sulle prime la sirenetta ne ebbe paura, ma quando vide che non voleva farle del male ardi chiedere:
___— Dove sono?
___— Nel mondo degli uomini — rispose il giovinetto.
___— Com’è strano il vostro mondo. — disse la sirenetta. — Come risuona limpida la voce, e come giunge lontano lo sguardo. Sono uscita da un mondo pieno e ora mi trovo come in un gran vuoto. I gabbiani… li ho visti talvolta affannarsi nell’acqua appresso ai pesci, ma ora come stanno fermi lassù, se nulla li sostiene? La Luna… credevo che stesse poggiata sulla volta del mare, e invece è cosi lontana, lassù. Come fa a mantenersi nel vuoto, senza un mare su cui galleggiare?
___— Non me lo sono mai chiesto — fece il piccolo pescatore — e forse non c’è un «perché». E’ lassù, nel firmamento, e ruota intorno alla Terra: ci mette quasi un mese a fare tutto il giro.
___— Ma come gira, se nulla la spinge? Anche nel mio mondo ci sono cose che girano, ma solo se qualche vortice d’acqua le trascina con sé. C’è forse un grande vortice anche lassù?
___— No, non c’è niente lassù, c’è lo spazio vuoto.
___— E allora perché si muove la Luna?
___— Perché? Forse nulla si muove nel tuo mondo?
___— Si, si muovono i pesci, ma devono ondeggiare il dorso e la coda, e anche le alghe vaganti si muovono, quando sono trascinate dai gorghi o dai frangenti, ma nulla si può muovere senza che una forza continui a sospingerlo, come fa la Luna lassù. Nulla gira, se non in un vortice, nulla avanza, se non in una corrente.
___— Qui è tutto diverso — disse il pescatorello.
___— Qui, se nulla si oppone loro, le cose che hanno preso il volo seguitano a volare via nel vuoto.
___— E allora — osservò la sirenetta, che era molto intelligente — la Luna dovrebbe perdersi nel cielo…
___— E’ vero — ammise il pescatore — ma essa è attratta dalla Terra. La sirenetta rise:
___— Come «attratta»? Ma se la Terra non la tocca, come la può tirare a sé? E’ forse la Luna una medusa galleggiante tenuta dalla Terra con un filo invisibile? Oppure esse si attraggono a distanza come innamorati? O sono spinte nel cielo da ali di angelo?
___Mentre i due giovani facevano questi discorsi, era scesa la notte e il cielo si era colmato di stelle.
___— Oh — fece la sirenetta — le nottiluche! Cosa fanno lassù le nottiluche?
___— Quelle sono le stelle — fece il pescatore.
___— Ne posso cogliere una?
___— Neppure se tu corressi tutta la vita su un raggio di luce riusciresti a raggiungerne una.
___— E tutto lo spazio tra il mare e le vostre stelle — disse la piccola sirena con la voce tremante — è dunque libero, vuoto, infinito? Da noi, laggiù nel mare, di vuoto conosciamo solo le bollicine. Com’è strano, vago e immenso il vostro mondo. Ora mi sento in cuore come una vertigine, mi sento venire meno. Tienimi la mano, piccolo pescatore.
___Pareva che la sirenetta, anziché incantare con la sua voce i marinai, come vogliono le leggende, fosse rimasta incantata dal vago mondo del piccolo pescatore. Nell’immenso silenzio di quella notte di sogno ella sentiva una musica discendere dal firmamento, una musica soave e fantastica, la musica delle sfere, che molti uomini hanno immaginato e che nessuno è riuscito mai a sentire. Ma per la piccola sirena, avvezza al sordo mare, tutto nel vuoto era musica. E con una dolce vocina ella prese ad accompagnare la melodia intonata dalle stelle, e il suo canto era così soave che il piccolo pescatore le strinse forte la mano col cuore preso d’amore irresistibile. A lungo si udì nella notte il canto lieve e dolcissimo della fanciulla marina, e quando il sole spuntò, all’alba dell’indomani, accanto allo scoglio non vi erano più né la sirenetta né il suo piccolo pescatore.

LA COGNATA DEL BOSCAIOLO

Un boscaiolo aveva sposato una donna che, come lui, amava gli alberi, ma diversamente da lui, odiava l’accetta.
___— Perché abbatti i nostri fratelli alberi — gli chiedeva, — se li ami? Perché stronchi le loro braccia, ferisci i loro fianchi?
___Il boscaiolo le spiegava che i rami si rigenerano, che gli alberi abbattuti lasciano il posto a nuovi alberi. Le spiegava che il lavoro del boscaiolo, oltre che a raccogliere legna, serviva a fare vivere il bosco, a rimuovere il legname. Ma la moglie non gli credeva, e ogni mattina lo pregava di non far male agli alberi, e a volte gli nascondeva l’accetta.
___— Gli alberi si rigenerano, le ripeteva lui. Anche noi moriremo per lasciare posto ai nostri figli.
___Nel bosco c’era un frassino, altissimo, più bello di tutti gli altri alberi del bosco.
___— Quello almeno risparmialo, — chiedeva la moglie.
___Un giorno il boscaiolo andò nel bosco ad abbattere il vecchio frassino. La moglie lo seguì, nascosta tra gli arbusti del sottobosco. Quando il boscaiolo alzò l’accetta per colpire il fianco del vecchio albero, la moglie uscì improvvisamente da un cespuglio e si gettò sul tronco abbracciandolo come un figlio. L’accetta era già partita nel suo arco verso il tronco e il boscaiolo non riuscì a trattenerla e con un colpo netto staccò il braccio destro della moglie e ferì la corteccia dell’albero.
___La signora non pianse. Aveva perso un braccio, ma aveva salvato il suo frassino. Con la sua mano sinistra raccolse il braccio caduto, guardò il marito e gli disse: — I rami troncati si rigenerano, dici tu. Rinascerà anche il mio braccio?
___Il boscaiolo cadde in ginocchio, commosso dall’amore della moglie per il bosco, e, guardando la cima del frassino risparmiato, pregò il Signore.
___— Io non lo volevo stroncare. Restituisci il braccio alla mia cara sposa. Se il suo braccio rinascerà, ella tornerà ad amarmi e mi lascerà continuare il mio lavoro nel bosco. Quella notte non ebbe il coraggio di rientrare a casa, e dormì nel bosco, accanto al frassino ferito, all’accetta insanguinata.
___La moglie del boscaiolo, indebolita per il sangue perduto, si mise a letto e depose vicino a sé il braccio troncato. E tutti e due si addormentarono.
___Quando sorse il sole la moglie del boscaiolo si destò, guardò verso la sua spalla tagliata e fu presa da grande meraviglia. Un piccolo braccio stava spuntando dalla ferita rimarginata come una gemma a primavera da un tronco potato.
___Ma quale non fu la sua meraviglia quando il suo sguardo raggiunse il braccio troncato! Esso era lì, intatto, e dal taglio rimarginato stava spuntando una donnina, unita per una spalla al troncone, col suo piccolo busto, la testolina, due gambine e un braccino minuscolo opposto al braccio
gigante. Quella donnina era lei stessa, in miniatura.
___— Ben arrivata sorellina, — le disse.
___— Ben trovata, sorella, — rispose la testolina con una vocina sottile.
___Il braccio rigenerato ricrebbe alla signora ferita finché raggiunse la grandezza dell’altro braccio. E la donnina rigenerata ricrebbe dal braccio amputato finché il suo corpo fu proporzionato e le due braccia, l’antica e la nuova, furono divenute eguali.
___Quando il boscaiolo, ridestato dal sonno nel bosco guardò verso il frassino ferito, s’avvide che dalla bocca del taglio spuntava un nuovo giovane tronco. Capì che il Signore aveva compiuto il miracolo e quando tornò a casa non si stupì nel vedere che sua moglie lo attendeva con le due braccia aperte. Aveva una sottile linea rossa alla radice del braccio destro. Non si stupì neppure quando ella gli presentò la sorella. Non le chiese da dove fosse spuntata, seppure sapesse che sua moglie non avesse mai avuto sorelle, e tanto meno gemelle.

STORIA DI UNA LACRIMA

La povera fanciulla abbandonata piangeva appoggiata alla spalletta del piccolo ponte di legno, guardando l’acqua trascinare lontano le foglie d’autunno, lontano come l’amore incostante, che passa e scompare. Una tiepida lacrima amara cadde nel fiumicello e subito s’infreddolì e fuggì tra i flutti verso lontane foci, dimenticando il ciglio da cui era scivolata. Dopo aver percorso il letto di piccoli, limpidi corsi d’acqua e poi il grande, solenne fiume, giunse alfine tra le onde del vasto mare. Qui, tutta salata, smise di correre e cominciò a farsi cullare dalle onde, su e giù, su e giù, giorno e notte.
___Un giorno di sole, mentre si trovava in superficie, la gocciolina si sentì tutta scaldare, il sale le si staccò di dosso, ed essa scomparve in minuscolo sospiro. La sua piccola anima svaporata salì, salì verso il cielo, lasciandosi sotto, sempre più lontane, le onde tranquille del mare.
___La sua esistenza spirituale, sospesa negli spazi azzurrini, non durò a lungo. Un vento freddo che circolava nelle altitudini celesti la percorse, e con un piccolo brivido essa tornò gocciolina, e si trovò avvolta prima da una nebbia trasparente, poi da una densa nube grigia. Compì lunghi viaggi aerei, trasvolò mari, pianure e montagne, sinché il freddo si fece pungente come uno spillo, e allora la gocciolina si rapprese, si irrigidì e si trasformò in un brillante cristallino di ghiaccio. In questa elegantissima veste non poté a lungo restare sospesa, e prese a ridiscendere volteggiando verso la terra, piccola squama di un tremulo fiocco di neve. Era su una catena di montagne, e la sua discesa fu morbida e lenta, e quando senza rumore toccò il suolo annegò dolcemente in un’immensa e gelida distesa di bianco, dove trascorse un lungo inverno.
___Venne la primavera e il calore del primo raggio di sole la carezzò fino a struggerla in una liquida gocciolina. E cominciò a scorrere a valle, partecipe del grande corteo gioioso che celebra ogni anno la rinascita della vita. Precipitò verso la piana luminosa, ma le sue traversie non erano ancora finite. Le toccò in sorte di conoscere le oscurità della terra. Assorbita da una zolla, cominciò a scendere sempre più nel profondo delle viscere terrestri. Si era ridotta uno straccetto fangoso, ma via via che procedeva verso il basso, tra le profonde rocce della terra, si andava pulendo e purificando. Un giorno arrivò su una dura lastra rocciosa e smise di scendere. Cominciò a scorrere nelle tenebre tristi, tra il manto della terra e la liscia tavola di roccia. Giorni e giorni scivolò nel buio, prima lentamente, poi sempre più svelta, come presa da una nuova letizia, sinché a un tratto sbucò dalla roccia, goccia festosa di un fresco zampillo sorgivo. Avanzò per i campi, in limpidi canali, poi si trovò in un solco agricolo. La terra l’assorbì di nuovo, ma il filo di una radice di vite la salvò risucchiandola in una cannuccia sottile. E così diventò viva linfa nel legno sinuoso dei tralci. Fu nutrita di sostanze succose e saporite, divenne bianca come latte, e finì entro un acino di uva che maturava al sole. Qui si colmò di dolcezze e di odori, divenne corposa e profumata e trascorse una lunga estate felice.
___Una mattina d’autunno, strappata dal graspo con tutto il chicco che l’accoglieva, si sentì spremuta, schiacciata e schizzò fuori in una fresca cantina di legno. Qui, come stanca di troppe dolcezze, si dette ai fumi dell’alcool, e dopo qualche giorno di baldorie tumultuose si era completamente inebriata. Stordita, svanita, finì in una coppa di cristallo, e fu una stilla di un sorso di vino che un giovane scapestrato bevve per dimenticare una povera fanciulla abbandonata su un piccolo ponte di legno.

L’ASTRONOMO VOLANTE

Un astronomo s’era messo un giorno, col suo telescopio, a inseguire le stelle notturne quando, in un punto della volta celeste dove di solito non c’erano stelle, gli apparve una strana nebulosa che aveva la forma vaga del volto di un vecchio, e in essa splendevano due immensi astri. L’astronomo capì subito che erano gli occhi di Dio. E una voce, proveniente da quella landa remota del cielo, lo ammonì:
___— Uomo presuntuoso! Hai voluto frugare nei segreti del cielo, e io ti caccerò fuori dell’Universo, come un giorno cacciai Adamo ed Eva dal paradiso terrestre. Uomo presuntuoso! Non sei che un puntino nel grembo dell’Universo!
___E l’immagine del povero astronomo fu come risucchiata dal tubo del telescopio e proiettata ai confini del mondo, mentre la nebulosa divina era scomparsa.
___Che spavento! Perdersi in un buio senza fine, nel vuoto totale! Correre sempre più lontano dalla vita e dalla luce, verso una notte senza stelle, nel gelo assoluto, senza nessuna speranza di arrivare! Precipitare nella vertigine dell’inesistenza, nel baratro del nulla!
___Il nostro astronomo volante, espulso fuori della realtà, si guardò attorno e vide che anche le stelle, le ultime stelle dell’Universo, precipitavano con lui verso il nulla, e le altre stelle, più giù, le inseguivano, come se l’Universo tutto si espandesse ad astronomica velocità. E allora pensò: «Se l’Universo si ingrandisce ogni secondo, allora tanti miliardi di anni fa esso doveva essere più piccolo, e prima ancora più piccolo ancora, e in un tempo remoto appena un puntino come me». E tornò indietro col pensiero a quell’epoca remota in cui il puntino iniziale dovette comparire dal niente. «Poi questo puntino — pensava l’astronomo volante — fu preso da tanta smania di crescere che decise di riempire tutto di sé. Non tutto l’Universo, perché il puntino era già tutto l’Universo; tutto il niente. Decise di partire alla conquista delle pianure del nulla. Si udì un gran botto, si accese una palla di fuoco e questa cominciò a crescere e a sparpagliarsi dappertutto, ma che dico? dapperniente».
___«L’Universo, per quanto denso fosse al principio, dopo essersi tanto dilatato, certo cominciò a rarefarsi, come fa la nebbia. Poi questa nebbia cominciò a sfilacciarsi in tante nebulose. Allora l’Universo doveva essere già così immenso da far paura a pensarci. E sempre di corsa, di corsa, per uscire da se stesso. Nel pigia pigia della fuga le nebulose cominciarono a rapprendersi, a vorticare, a raggomitolarsi, e così nacquero le stelle e intorno alle stelle i pianeti e su un pianeta io».
___Distratto da questi pensieri l’astronomo si era quasi dimenticato della sua scomoda posizione, ma quando rivolse lo sguardo verso il nero del nulla gli apparve così immane e spaventoso che non poté trattenersi dall’esclamare: — Povero Universo, per quanto tu ti precipiti a crescere, di fronte al nulla resterai sempre un puntino!
___Iddio lo ascoltò pronunciare questa frase empia, e tuonò terribile, e per non sentire più la voce del piccolo presuntuoso lo trasformò in una stella sfolgorante. Così il nostro astronomo non fece a tempo a rispondersi alla sua ultima domanda: «Da dove viene la voce di Dio? Dal dentro o dal fuori? Dal tutto o dal nulla?».
___Su un pianeta un altro astronomo, dieci miliardi di anni dopo, vide improvvisamente comparire nella notte una nuova stella, e aggiunse u puntino alla mappa del Cielo.

da Giuseppe Sermonti, L’anima Scientifica, Milano, Dino Editori, 1982

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